Brano: Stampa clandestina
quei meriti che l’interessato cercherà di attribuirsi in postume rievocazioni (Cfr. Alfredo Signoretti, La Stampa in camicia nera, Roma, 1968).
'Nella fì.S.I.
Alla caduta di Mussolini, Luigi Einaudi e l’ex ministro liberale Marcello Solerl tentarono invano di perorare presso Agnelli la causa di Frassati che aveva chiesto di tornare alla guida del quotidiano. La proprietà preferì affidare la direzione a Filippo Burzio, antico giolittiano ma personalità politicamente meno incisiva di Frassati. Il nuovo direttore enunciò un programma antifascista secondo una linea di “revisione liberale moderata”, nell’ottica di una concezione “demiurgica” (e in buona misura “tardopiemontesistica”) del ruolo di un cet[...]
[...] preferì affidare la direzione a Filippo Burzio, antico giolittiano ma personalità politicamente meno incisiva di Frassati. Il nuovo direttore enunciò un programma antifascista secondo una linea di “revisione liberale moderata”, nell’ottica di una concezione “demiurgica” (e in buona misura “tardopiemontesistica”) del ruolo di un ceto dirigente illuminato.
Con l'avvento della Repubblica Sociale Italiana, allontanato il Burzio, la direzione de “La Stampa” passò in un primo tempo allo stinto “fascista redazionale” Angelo Appiotti e, nel dicembre 1943, a Concetto Pettinato.
Giornalista di buon mestiere, nel convulso e schizofrenico paesaggio della repubblica di Salò il Pettinato tentò di fronteggiare l'offensiva partigiana sforzandosi di stabilire un dialogo su posizioni moderate con l’antifascismo non comunista, e denunciando al tempo stesso l’impotenza del regime artificiale imposto da Hitler.
Il suo impegno rientrò in quel quadro di ambigui tentativi miranti a creare un “ponte” tra le due parti in lotta e perseguiti dal l'interno del m[...]
[...]mbigui tentativi miranti a creare un “ponte” tra le due parti in lotta e perseguiti dal l'interno del mondo repubblichino, ora mettendo l’accento sulla necessità di “riconciliazione nazionale”, ora sui pretesi nuovi caratteri della “democrazia sociale” proposta dal fascismo, ora sulle prospettive di una successione indolore al fascismo di tendenza “neoliberale”.
Indicativo di queste contorsioni fu un articolo, apparso a firma di Pettinato su “La Stampa” del 21.6.1944 e intitolato « Se cl sei batti un colpo ». Dopo essersi scagliato contro il « banditismo e l'audacia crescente di quest'ultimo » (cioè contro la Resistenza), l'autore constatava la pratica inesistenza di una autorità fascista e di una forza capace di reprimere il movimento partigiano. L'articolo prospettava addirittura la possibilità, almeno in Piemonte, « a sostegno dell'autorità vacillante », di formare un « comitato di salute pubblica » che prendesse in mano la situazione tanto deteriorata.
Tra i dirigenti repubblichini corse voce che ispiratore di Pettinato fosse il sena[...]
[...]ossibilità, almeno in Piemonte, « a sostegno dell'autorità vacillante », di formare un « comitato di salute pubblica » che prendesse in mano la situazione tanto deteriorata.
Tra i dirigenti repubblichini corse voce che ispiratore di Pettinato fosse il senatore Agnelli e, letto l'articolo, Mussolini infuriato spedì a Torino Giorgio Aimirante (v.), capo di gabinetto del ministro della Cultura popolare Fernando Mezzasoma. L'incauto direttore de “La Stampa” si ebbe una nota di aspra censura, ma né l'agonizzante governo
di Salò ritenne conveniente privarsi di una penna, in fondo utile, qual'era quella del Pettinato in condizioni di rivolta dell'opinione pubblica così acute come erano allora in Piemonte, né la fronda verbale da “La Stampa” poteva naturalmente modificare alcunché nelle sorti della repubblica fascista.
Alla Liberazione, in base a disposizioni del C.L.N., la pubblicazione de “La Stampa” (al pari di quella dell’altro quotidiano “indipendente” torinese, La Gazzetta del Popolo) fu interrotta. Le forze antifasciste si pronunciarono unitariamente (almeno in sede ufficiale) per la cessazione dell'uscita di fogli che avevano ampiamente dimostrato di essere testate “intercambiabili” per qualsiasi stagione politica ad avallo di ogni regime imperante.
Tuttavia ciò non corrispondeva alle intenzioni e agli interessi degli Alleati. Il 18.7.1945 il quotidiano potè riaffacciarsi alle edicole grazie a un’ordinanza angloamericana e sotto la direzione di Filippo Burzio. La ricomparsa del [...]
[...]zio. La ricomparsa del foglio della Fiat (e, insieme, quella della “Gazzetta del Popolo”) suscitò una vera e propria sommossa popolare; vennero bru> ciate copie del quotidiano e si ebbe perfino un assalto ai locali della redazione. Ma, nel clima di rapida restaurazione che andava affermandosi sotto l’egida alleata, la protesta non mutò lo stato delle cose. Unico cambiamento intervenuto « con una sorta di lodo prefettizio » (cfr. Mario Isnenghi, “La stampa quotidiana piemontese”, in Giornali e giornalisti, Roma, 1975), fu che il quotidiano mutò pudicamente l’antica testata in La nuova Stampa, una copertura destinata ben presto a sparire con il ritorno della testata tradizionale, proprietà del monopolio IFIFIAT.
M.Gi.
Stampa clandestina
La produzione e la diffusione in forme clandestine della stampa di opposizione antifascista precedette l’emanazione delle Leggi eccezionali (v.), ufficialmente avvenuta il 5.11. 1926, che sopprimevano con atto d’imperio del governo retto da Benito Mussolini tutti i giornali non ligi al regime. Di fatto, già dal 1923
24 i principali fogli socialisti e comunisti erano stati costretti alla clandestinità o alla semiclandestinità: basti ricordare che, nei due anni precedenti la messa fuori legge, VAvanti! (v.) aveva già subito ben 115 sequestri, mentre il gior
nale comunista /'Unità (v.), fondato a Milano il 12.2.1924, quantunque avesse raggiunto in poch[...]
[...]i militanti del partito che non si facevano intimidire dalle azioni squadristiche. Analoga sorte era toccata alla rivista Lo Stato operaio e, in genere, a tutti gli altri fogli di opposizione, vessati dai provvedimenti restrittivi, dalla censura e da molteplici forme di boicottaggio, violento o sotterraneo. Importante fu l’esperienza della rivista Pietre (v.), l’ultima pubblicazione antifascista sopravvissuta in Italia alle leggi liberticide.
La stampa dell’emigrazione
Costretti per legge al silenzio in patria, alla fine del 1926 gli oppositori antifascisti trasferirono all’estero i loro centri dirigenti e iniziarono a stampare materiali (giornali, opuscoli, volantini ecc.) diretti a mantenere viva e organizzata l’opposizione, a informare l’opinione pubblica straniera sulle vicende italiane, a stimolare e orientare l’attività clandestina in Italia.
Negli anni fino al 1939 tale compito sarà assolto con relativa continuità da comunisti (v. Comunista italiano, Partito), socialisti e aderenti al movimento di “Giustizia e Libertà” (v.) ; i[...]
[...]nere viva e organizzata l’opposizione, a informare l’opinione pubblica straniera sulle vicende italiane, a stimolare e orientare l’attività clandestina in Italia.
Negli anni fino al 1939 tale compito sarà assolto con relativa continuità da comunisti (v. Comunista italiano, Partito), socialisti e aderenti al movimento di “Giustizia e Libertà” (v.) ; in minor misura da repubblicani e anarchici. Più continua e consistente sarà l’infiltrazione della stampa comunista in Italia; decisamente minore quella delle altre forze, anche se i giellisti avranno periodi di notevole diffusione delle loro pubblicazioni, comunque sempre in quantità limitate.
Salvo brevi periodi di eclisse, i comunisti riuscirono ad assicurare un flusso costante de Lo Stato operaio (v.) stampato a Parigi, nonché dei testi delle risoluzioni politiche del partito e degli organismi internazionali. Tra il 1930 e il 1937, sia pure con interruzioni dovute agli arresti dei gruppi clandestini attivi in patria e al carattere precario dei collegamenti, i dirigenti di “Giustizia e Libe[...]
[...]iodi di eclisse, i comunisti riuscirono ad assicurare un flusso costante de Lo Stato operaio (v.) stampato a Parigi, nonché dei testi delle risoluzioni politiche del partito e degli organismi internazionali. Tra il 1930 e il 1937, sia pure con interruzioni dovute agli arresti dei gruppi clandestini attivi in patria e al carattere precario dei collegamenti, i dirigenti di “Giustizia e Libertà” inviarono dall'estero in Italia numerosi opuscoli.
La stampa dei materiali veniva fatta in formati maggiormente adatti a sfuggire ai controlli polizieschi e su carta leggera, per contenere il maggior numero di copie nel minor spazio e nel peso più ridotto. “Lo Stato operaio”, ad esempio, veniva stampato in edizioni apposite su
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